Palazzo del Te - Guida Turistica

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.: LE SALE
Camera di Ovidio
  Per le due piccole camere, di Ovidio e delle Imprese, qualificate da monumentali camini in marmo rosso di Verona, sono documentati pagamenti della tesoreria di Corte ad Anselmo Guazzi e Agostino da Mozzanega, collaboratori di Giulio Romano, specializzati nella pittura di raffinati motivi ornamentali. La sala di Ovidio (o delle Metamorfosi) è decorata da un fregio con paesaggi alternati a rappresentazioni figurali. Nel fregio si alternano vedute di paesaggi bucolici (tra le quali una che rappresenta il palazzo durante la costruzione 1527-1528), e scene mitologiche (ispirate alle "Metamorfosi" di Ovidio) che alludono all'amore, all'armonia, alla fertilità e al matrimonio. La maniera pittorica, sia dei riquadri istoriati che dei finti marmi, è intimamente pervasa dal ricordo della pittura pompeiana.
Camera delle Imprese
  Il fregio vegetale della camera è ritmato da tondi con "imprese" della famiglia Gonzaga: immagini simboliche, talora accompagnate da un "motto", di significato complesso, persino sibillino. Secondo la tradizione dell'Umanesimo e del Rinascimento, le imprese esprimono le aspirazioni morali, civili e culturali dei regnanti. Sono intimamente legate al nome di Federico II Gonzaga le imprese di Ramarro e del Monte Olimpo, che ornano anche il camino e che ricorreranno di frequente negli affreschi dei soffitti, negli stucchi e nei pavimenti di altri interni del Palazzo. In ambiente mantovano, l'emblema del Ramarro compare per la prima volta con Federico II ed è legato alla storia d'amore del principe.
Camera del Sole
  La virtuosistica raffigurazione a "sotto in sù", con il carro lucente di Apollo e Diana colti nell'istante in cui il sole tramonta e sorge la luna, rivela la predilezione di Giulio Romano per gli scorci prospettici più arditi. La scena pittorica "sfonda" illusionisticamente lo spazio fisico della camera. Entro le losanghe della volta si inseriscono figurine in stucco di gusto antiquario, ispirate a medaglie, monete e cammei anticoromani, o a figure dipinte in altre sale del Palazzo (Apollo, Venere, Mercurio, Ercole, Vittorie alate, Menadi, puttini, levrieri, leoni, ramarri, cornucopie, cimieri, scudi). Ai restauri di età neoclassica risalgono i calchi antichi disposti sulle pareti.
Loggia delle Muse
  L'apparato decorativo (che allude in prevalenza alla Musica e alla Poesia), identifica la loggia al centro del lato settentrionale del Palazzo, come dimora ideale delle Muse e di Virgilio: quasi un secondo Parnaso. Nei lunettoni che sovrastano le porte si riconoscono la fontana Ippocrene e la Musa Urania (o la ninfa Castalia) in prossimità di una fonte lustrale da cui emerge presumibilmente la testa di Virgilio. Alle pareti si scorgono ampie tracce di scene con Orfeo tra gli animali e con Euridice inseguita da Aristeo. Così come avviene nella decorazione di altri interni del Palazzo, il repertorio di temi mitologici si accorda profondamente con il gusto dell'arabesco variopinto, con il risalto plastico delle modanature e delle nervature, con i geroglifici impressi nei piccoli lacunari della volta, raffiguranti oggetti e motivi cari all'emblematica rinascimentale: il pettine, la corona, aurea, la sfinge, la maschera, la tromba, l'arpa, il cigno, il delfino, lo scarabeo, la lumaca, la civetta, il cane, la serpe.
Sala dei Cavalli
  La consuetudine dei Gonzaga di dedicare una sala ai cavalli dei loro famosi allevamenti è filtrata dalla cultura di Giulio Romano. L'illusionismo pittorico finge architetture all'antica (ove spiccano capitelli corinzi dalle tinte argentee e l'originale "bucatura" dei finestroni aperti su paesi d'immaginazione) e marmi preziosi, statue di divinità e personaggi storici, bassorilievi a sanguigna, simulanti il bronzo, con le "fatiche di Ercole". Veri e propri ritratti dal vero, di notevole qualità pittorica, sono dedicati ai cavalli favoriti da Federico II (vedi particolare della Sala dei Cavalli), identificati dai nomi scritti sul basamento: Glorioso, Battaglia, Dario, Morel Favorito.
Sala di Psiche
  La scena delle nozze con Amore, resa da uno scorcio vertiginoso della volta, conclude felicemente la "fabella" di Psiche, illustrata nei riquadri circostanti e nelle lunette ,sulla scorta della narrazione di Apuleio e del Polifilo di Francesco Colonna. Il banchetto nuziale, sdoppiato e proiettato a grande dimensione, occupa due intere pareti. Gli amori e i tradimenti degli dèi, in particolare di Venere, divisa fra Marte e Adone, sono il tema della facciata settentrionale, con la finestra; mentre sull'ultima parete la gigantesca figura di Polifemo, troneggiante sul camino, introduce passioni violente, fra uomini e divinità con metamorfosi nel regno animale, come accade nei riquadri di Giove con Olimpiade e di Pasifae.
Camera dei Venti
  Le stanze abitate da Federico II Gonzaga (questa era il suo studiolo privato) si distinguono per la magnificenza dei marmi impiegati nelle porte nei camini e per la squisitezza complessiva delle decorazioni, sia pittoriche che a stucco. La Camera dei Venti fonda il suo programma iconologico su antichi testi di astrologia che godono della massima autorità negli ambienti umanistici dell'epoca. Ogni scena dei tondi (a tecnica mista, affresco e tempera) illustra un prognostico legato alle costellazioni sorgenti nel firmamento contemporaneamente ai segni zodiacali (realizzati in stucco dorato su fondo nero), disposti tutto intorno ad una densissima volta ornate da scene e figure di divinità olimpiache. Il tema astrologico, secondo il Gombrich, sarebbe tratto dai testi astrologici di Manilio (poeta latino dell'età imperiale che, in polemica con Lucrezio, crede che l'universo non sia governato dal caso, ma dalla divina ragione) e di Firmico Materno.
Camera delle Aquile
  La decorazione della Camere delle Aquile ("camera da note" ossia da letto di Federico), racchiusa da grandi aquile ad ali spiegate, emblema marchionale dei Gonzaga di Mantova, è pressocché contemporanea a quella dei Venti. L'articolazione pittorica e plastica della volta assai ricca e complessa, è ispirata a certi apparati decorativi di Villa Madama a Roma, dove Giulio Romano fu attivo anche dopo la morte di Raffaello nel 1520.
Loggia di Davide
  La loggia, intitolata al Re Davide, si apre verso le peschiere e il giardino con una sequenza di arcate sorrette da gruppi di colonne. Si tratta di un ainterpretazione solenne e spazialmente complessa di un tema caro all'artista, che alterna archi semicircolari a secmenti rettilinei di trabeazione. Del re Davide sono rievocate, oltre le gesta eroiche (Uccisione di Golia,lotta con le belve feroci), anche le colpe; prima fra tutte la relazione amorosa con Betzabea e l'omicidio del marito di lei; un episodio al quale si riconoscono assonanze con la vita privata dello stesso Federico II Gonzaga e della sua amante Isabella Boschetti, il cui marito ebbe morte violenta in circostanze forse analoghe. Ancora in costruzione nel 1530, la loggia è conclusa di gran fretta nel 1532 per la seconda visita al Palazzo del Te dell'imperatore Carlo V.
Sala degli Stucchi
  In questo straordinario ambiente all'antica dal carattere archeologico per eccellenza, interamente consacrato alle decorazioni a stucco, un doppio fregio sviluppa lungo le pareti della camera la continuità narrativa delle colonne coclidi romane, rievocando l'immagine di un esercito in marcia. Si staccano dall'afollata composizione del fregio e delle minute decorazioni lacunari, le figure di Marte e di Ercole, inscritte nelle lunette delle testate a ribadire l'impronta guerresca della camera.
Sala di Cesare
  Le imprese di Federico Gonzaga (il Monte Olimpo, il Ramarro, il Cupido fra un albero spoglio e uno virente -impresa inventata dall'umanista Paride Ceresara e relativa all'amore di Federico per la Boschetti-, il Sistema dei Pianeti), dispooste agli angoli della camera, stabiliscono un richiamo ideale fra il committente del palazzo e i sovrani antichi ritratti nella volta in ambito e positura guerreschi. La scena principale, Cesare fa bruciare le lettere di Pompeo, propone un modello di magnanimità al giovane Signore di Mantova. Nei tondi sono dipinte a tempera, la "Continenza di Scipione" e "Alessandro scopre i libri di Numa". Il fregio con i giochi festanti dei putti, ridipinto da Felice Campi, risale alla fine del secolo decimosettimo.
Sala dei Giganti
  L'esecuzione della sala (il "camarone", come tramandano i documenti cinquecenteschi), si protrae dal 1532 al 1535 circa. La storia che vi è dipinta è quella narrata da Ovidio: la ribellione dei Titani e il loro tentativo di dare la scalata al Monte Olimpo. Il vasto affresco immortala gli istanti più drammatici della contesa, quando i fulmini di Giove atterrano rovinosamente i Giganti e le divinità (tra le altre, si riconoscono in cielo, Giove, Giunone, Venere, Marte,Vulcano, Minerva, Bacco, Pomona, Apollo, Mercurio, Nettuno) appaiono ancora turbate per lo scampato pericolo.
Camere dell'ala meridionale
  Anche in queste camere sovente trascurate dagli studiosi, restanoi stucchi e dipinti su disegno di Giulio Romano. Si tratta di ambienti con soffitti lignei a cassettoni, nei quali l'apparato decorativo a un fregio, è allestito attorno al 1527-28, contemporaneamente alle camere di Ovidio e delle Imprese, con le quali possono essere confrontati.
L'appartamento della grotta o del Giardino Segreto
  Il padiglioncino all'estremità del giardino dell'esedra, è in costruzione attorno al 1530, al tempo della prima visita al Palazzo del Te dell'imperatore Carlo V. Negli anni immediatamente successivi, si hanno notizie frammentarie, di lavori sia di pittura che a stucco eseguiti nell'appartamento. Il vestibolo ortogonale di accesso, dipinto a grottesche esili e delicate, introduce alla camera ove personaggi storici all'antica Roma, Attilio Regolo, Orazio Coclite, Zaleuco e Quinto Cincinnato, sono presenti come esempi di virtù. Il pavimento, in piccoli ciotoli bianchi e neri accostati a formare a motivi geometrici e simbolici, continua nella loggetta, sorretta da un breve colonnato in pietra mischia orientale.